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titL’UDC e gli studi di Massimo Introvigne sulla Lega. Storia di un rapporto strumentale

di Massimo Introvigne

Ho letto con interesse la riflessione di Paolo Asolan e Flavio Felice (“La Lega Nord e la Chiesa cattolica: storia di un rapporto strumentale”,  Il Riformista, 5 marzo 2010, versione completa sul sito del Centro L’UDC e gli studi di Massimo Introvigne sulla Lega. Storia di un rapporto strumentale Massimo Introvigne Tocqueville-Acton) che parte dalle mie attuali critiche all’UDC per il sostegno che questo partito dà alla candidatura di Mercedes Bresso in Piemonte per proporre una riflessione su miei “importanti lavori” che risalgono a quindici anni fa dedicati alla Lega Nord. Apprezzo il tono della riflessione. Apprezzo molto meno – ma la responsabilità non è degli autori – l’uso strumentale che ne fanno in chiave elettorale i siti degli esponenti dell’UDC Pier Ferdinando Casini e Michele Vietti.  Questi siti riprendono le tesi di Asolan e Felice senza citarli, o addirittura ripubblicano – senza autorizzazione da parte mia, e addirittura tagliando e cucendo per eliminare le parti che non tornano comode –  brani di miei libri del 1993 o 1996 come se fossero stati scritti ieri, per accusarmi più o meno esplicitamente d’incoerenza (“Introvigne quindici anni fa criticava la Lega, oggi sostiene il leghista Cota”). Giudicheranno i lettori quale peso possa avere questa critica da parte di chi non quindici anni, ma quindici giorni prima della definizione delle candidature sosteneva a gran voce che si sarebbe alleato in Piemonte con il PD solo se il candidato fosse stato diverso dall’anti-cattolica Mercedes Bresso, mentre oggi sostiene tranquillamente la Bresso.
Il testo di Asolan e Felice, ben altrimenti serio, merita invece una riflessione ugualmente seria da parte mia. Mi limito, per brevità, a riassumerla in punti.

1. Il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica comporta la transizione dal partito-Chiesa, partito ideologico cui si aderisce come a una famiglia spirituale, a partiti pragmatici che cercano il sostegno per ragioni diverse dall’identità e dall’ideologia. Quando mi sono occupato della Lega – né sono pentito di averla presa sul serio, tra i primi, come oggetto di studio accademico –  con il convegno “Tra Leghe e nazionalismi”, da me organizzato all’Università di Torino, e con la pubblicazione dei successivi atti nel 1993, si era ancora nella Prima Repubblica. Lo studio dei partiti aveva ancora al suo centro il tentativo di ricostruire una loro “dottrina”. Il secondo saggio citato da Asolan e Felice – “L’ethos italiano e lo spirito del federalismo” – fu scritto quando l’esecutivo era il governo Dini, figlio del “ribaltone” cui aveva contribuito anche la Lega, e figlio a mio avviso – oltre che, naturalmente, degli attacchi a Berlusconi di alcuni magistrati – di una pratica politica ancora largamente ispirata alla Prima Repubblica. La transizione non poteva certo essersi completata in pochi anni.

2. Quei saggi si situano anche prima di numerosi atti del Magistero di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI – e della loro applicazione alla situazione italiana da parte del cardinale Camillo Ruini, fino al 2007 presidente della Conferenza Episcopale Italiana – che hanno introdotto la nozione di “principi non negoziabili”. La fondamentale nota dottrinale della Congregazione per la Dottrina della Fede Circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica è del 2002. La lettera della stessa Congregazione ai Vescovi degli Stati Uniti Dignità a ricevere la Santa Comunione – Principi generali, che contiene indicazioni importanti in materia di scelte politiche, risale alla campagna elettorale per le elezioni presidenziali americane del 2004.

3. Ringrazio Asolan e Felice per la benevola attenzione riservata a quei miei antichi scritti. Grazie non solo a me ma a diversi altri studiosi, penso possiamo dare per scontato che, se cerchiamo una “dottrina” della Lega – una ricerca che aveva senso durante la Prima Repubblica e nella fase di transizione immediatamente successiva, molto meno oggi –, scopriamo facilmente che Umberto Bossi non si è formato in parrocchia e che questa eventuale “dottrina” non nasce dal confronto con la dottrina sociale della Chiesa, ma da una pluralità di altre fonti: il che non esclude, peraltro, il successivo incontro e dialogo anche con il pensiero sociale cattolico.

4. Questa ricerca mantiene oggi un interesse storico e culturale e, dal momento che i partiti e i movimenti – come dice il loro nome – si muovono, deve naturalmente tenere conto delle tante cose che anche nella Lega sono cambiate in quindici anni, tra l’altro con l’emergere di leader che si dichiarano esplicitamente cattolici, non solo in tema di crocefissi, come appunto Roberto Cota. Con il tramonto dei partiti-Chiesa il problema politico dei cattolici si pone però, in regime di Seconda Repubblica, in termini diversi.

5. Il Magistero oggi ci insegna che le scelte politiche non debbono più avvenire sulla base di simboli, e neppure sulla base della simpatia, della situazione familiare e matrimoniale e della frequenza ai sacramenti delle singole persone. Anche su questo punto la scelta tra Cota e la Bresso, e anche fra Cota e alcuni suoi critici dell’UDC, privilegerebbe facilmente Cota, ma applicando lo stesso criterio gli amici dell’UDC avrebbero dovuto sempre schierarsi con Prodi, che si è sposato in chiesa, non ha mai divorziato e va a Messa più volte alla settimana. Non l’hanno fatto, giustamente, perché i politici non si scelgono sulla base del numero di Messe che frequentano ma delle loro proposte politiche, e in tema di vita e famiglia quelle di Prodi e del suo governo erano inaccettabili per qualunque cattolico.

6. Le scelte vanno compiute dunque sulla base non di simboli e di identità vere o presunte ma di questioni concrete, verificando caso per caso la posizione dei candidati e degli schieramenti anzitutto sui “principi non negoziabili”, espressione tecnica che nel Magistero di Benedetto XVI comprende la vita – con il no all’aborto e all’eutanasia –, la famiglia – con il no, in particolare, al riconoscimento delle unioni omosessuali – e la libertà di educazione, con il sostegno all’effettiva parità fra i genitori che scelgono per i loro figli la scuola statale e quelli che scelgono la scuola non statale. Sulle altre questioni, secondo il documento del 2004 Dignità a ricevere la Santa Comunione, “ci può essere una legittima diversità di opinione anche tra i cattolici”. Gli esempi di materie su cui è lecito avere diverse opinioni si riferivano nel documento, destinato a vescovi americani durante la guerra in Iraq, a materie non meno serie dell’economia e dell’immigrazione: “ci può essere una legittima diversità di opinione anche tra i cattolici – esemplificava la Congregazione – sul fare la guerra e sull’applicare la pena di morte”, questioni che “non hanno lo stesso peso morale” rispetto all’aborto e all’eutanasia.

7. Nel contesto italiano della Seconda Repubblica si deve riconoscere che nessuno schieramento rispetta integralmente e completamente i principi non negoziabili. Nel centro-destra vi sono, per esempio, le posizioni ben note e notoriamente discutibili dell’onorevole Gianfranco Fini. Tuttavia altre sono le posizioni personali di questo o di quello, altri i comportamenti e i programmi. Sul caso Eluana, nonostante il dissenso dell’onorevole Fini, la stragrande maggioranza del centro-destra si è schierata per la vita, mentre la stragrande maggioranza del centro-sinistra, nonostante la presenza di eccezioni anche qui individuali, si è schierata per la morte. Lo stesso vale per la RU486, per i PACS e per le altre materie non negoziabili. I due schieramenti, dunque, giudicati alla luce dei principi non negoziabili, non si equivalgono.

8. Sempre nel contesto della Seconda Repubblica, non potendo più scegliere partiti sulla base della loro identità – perché questo elemento, che pure non è del tutto sparito, è diventato secondario – occorre scegliere sulla base di comportamenti e programmi: in materia anzitutto, e ancora,  di principi non negoziabili. Sul punto, la scelta fra Cota e Bresso in Piemonte è ovvia. Ho documentato ampiamente, ma tutti i piemontesi lo sanno, come non sulle declamazioni astratte in favore della vita e della salute – dove la Bresso ha trovato un accordo con l’UDC senza troppe difficoltà – ma sulle materie concretissime del protocollo di applicazione della legge 194, della scelta di somministrare in day hospital la RU486 e di distribuire la pillola del giorno dopo senza ricetta medica, del riconoscimento delle unioni civili anche omosessuali e della franca ammissione del diritto al matrimonio, non solo ai PACS, di gay e lesbiche, dell’ostilità alla scuola cattolica, le posizioni della presidente uscente sono antitetiche a quelle dei cattolici. Roberto Cota ha invece sottoscritto un “Patto per la vita e per la famiglia” con sei impegni non astratti, ma assolutamente concreti e suscettibili nel caso di sua elezione d’immediata verifica, che coprono questi punti e che sono in pieno accordo con gli insegnamenti del Magistero cattolico. Dal momento che chi fa la croce sull’UDC – a meno di voto disgiunto – vota automaticamente anche la Bresso, queste sono altrettante ottime ragioni per non votare in Piemonte UDC.

9. A questo – e alla campagna di Alleanza Cattolica, di cui sono vice-responsabile nazionale, a favore di Cota e contro la Bresso – si rivolgono tre obiezioni. La prima è che nell’UDC piemontese ci sono ottime persone, anche fra i candidati alle regionali. Non lo nego. Ottime persone – insieme ad altre meno buone – ci sono in molti partiti. Il Magistero, con il richiamo a privilegiare i principi non negoziabili, c’insegna però che quello delle “ottime persone” non può essere il primo criterio di scelta. Un’“ottima persona” che sostiene direttamente – ovvero indirettamente, contribuendo all’elezione di una presidente di regione che ha queste posizioni – la banalizzazione dell’aborto o il riconoscimento delle unioni omosessuali non ha particolare diritto al suffragio dei cattolici.

10. La seconda obiezione è che, se pure i cattolici e Cota sono in piena sintonia sui “principi non negoziabili”, non lo sono però su altri temi importanti, in particolare l’immigrazione. La risposta è duplice. Anzitutto, se secondo l’insegnamento del Magistero la materia della vita e della famiglia prevale su temi come “la guerra” e “la pena di morte”, certamente prevale anche rispetto al tema dell’immigrazione che, pure serissimo, non è certo più decisivo della guerra o della pena di morte. Ma soprattutto è un semplice mantra continuamente ripetuto ma nello stesso tempo sempre falso quello secondo cui le proposte della Bresso in tema d’immigrazione sono più conformi alla dottrina sociale della Chiesa di quelle di Cota. Non è così: il piano immigrazione della Bresso esalta un multiculturalismo i cui presupposti sono l’eclettismo culturale e l’idea secondo cui tutte le culture sono di uguale valore, espressioni tipiche della “dittatura del relativismo” denunciata da Benedetto XVI, oltre a essere irrealistico e inapplicabile. Le proposte di Cota sono ragionevoli e moderate, e tra l’altro non dimenticano che anche per gli immigrati il primo diritto è il diritto alla vita. Il volontariato pro life, non a caso unanimemente schierato con Cota che si è impegnato a sostenerlo ed escluso dalla Bresso dalla fase di prevenzione dell’aborto, in molte città piemontesi assiste in maggioranza donne immigrate, presso le quali il tasso di aborto è particolarmente elevato. È uno strano modo di volere bene alle donne immigrate quello che consiste nel favorirne anzitutto in ogni modo l’aborto.

11. La terza obiezione – che oggi usa strumentalmente anche il testo di Asolan e Felice, e magari qualche brano di miei scritti di tanti anni fa, tagliando opportunamente i passi degli stessi testi dove esprimevo apprezzamento per il federalismo – è che Cota è della Lega, e che la Lega “adora il dio Po” ed è intrinsecamente neopagana. È chiaro che come cattolico non apprezzo il neo-paganesimo, e neppure certe battute di esponenti leghisti che criticherei oggi come le criticavo nei primi anni 1990. In un’ideale anti-gerarchia degli errori ogni forma di religiosità, anche anacronistica e bizzarra, è comunque meno lontana dalla verità dall’ateismo di cui fa aperta professione la Bresso. Nel 2001 ho diretto e pubblicato una ricerca scientifica sul tema “Aspetti spirituali dei revival celtici e tradizionali in Lombardia” che ha indagato in modo molto minuto sulla presenza di un’effettiva religione neo-pagana – distinta dalle semplice partecipazione a feste o sagre turistiche – tra gli iscritti e gli elettori della Lega in Lombardia. Con notevoli sforzi, abbiamo trovato ben quindici persone che dichiarano di professare tale religione e partecipano a riti neo-pagani: una minoranza colorita, dunque, ma infima. La definizione ricorrente nella propaganda della Bresso e dell’UDC del cattolico Cota come “adoratore del dio Po” è semplicemente un esempio particolarmente sgradevole dell’involgarimento di una campagna elettorale condotta dalle sinistre senza esclusione di colpi.

12. Non si può neppure creare una dicotomia fra Cota “buono” – ma individualmente – e la Lega “cattiva”. A Milano l’Associazione Nuove Onde pubblica interessantissimi rapporti su come votano i partiti in Parlamento, in Europa e nelle Regioni su temi che attengono ai “principi non negoziabili”. Sull’aborto, il fine vita, le unioni omosessuali, la libertà di educazione la Lega – di cui Cota è il capogruppo alla Camera, ma dove i voti li esprimono tutti i parlamentari – è tra i partiti che votano in maggiore conformità ai principi del diritto naturale difesi anche – ma in nome della ragione, così che non si tratta di clericalismo o di ingerenze – dal Magistero della Chiesa. Questi sono fatti, non chiacchiere o propaganda. L’auto-riflessione della Lega sull’identità dei popoli italiani, che oggi è in una fase diversa rispetto a quindici anni fa, è un argomento certamente interessante: ma che attiene meno direttamente alle immediate scelte elettorali.

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